LA STORIA NON SERVE A GIUDICARE
MA PER COMPRENDERE E RICORDARE!

Ricorrendo il prossimo 30 Aprile 2018 il 170° anniversario della “carica di Pastrengo” che si suole ascrivere tra le prime glorie dell’Arma in combattimento e, per inciso considerando che la Sezione A.N.C. chiavarese è intitolata al Gen. Alessandro Negri conte di Sanfront prode comandante del gruppo di tre squadroni che guidò a sciabola sguainata per proteggere l’incolumità del re  Carlo Alberto, mi sento sollecitato ad aprire una nuova pagina del nostro sito web intitolandola “Sacrario del Carabiniere”.
In essa vorrei celebrare le innumeri glorie che accompagnarono ed accompagnano ancor oggi il sacrificio risoluto ed eroico, a volte silente e sconosciuto, dei Carabinieri durante il compimento del servizio di repressione del crimine e durante le guerre in cui si trovarono coinvolti a fede del loro giuramento di soldati.
Soprattutto desidero che questa pagina sia rivolta a tutti i colleghi in servizio ed in quiescenza affinché in essa ritrovino la sacralità del loro compito e l’altissima dignità che vi compete.
Vorrei inoltre che potesse essere fonte di attingimento per coloro che debbono trasferire sapere e conoscenza di valori alle giovani generazioni infondendo loro una consapevole educazione al sacrificio, al rispetto delle regole e della disciplina,  all’amor di Patria, insieme concorrenti alla formazione morale del buon cittadino.       

” E non ho studiato il greco: non me ne importava, perché vedevo quanto poco se ne fossero giovati quei maestri per la conquista della virtù. Ma altre cose ho imparato, di gran lunga più utili alla Repubblica: colpire il nemico, far la guardia, di nulla aver paura se non dell’infamia, sopportare caldo e geli, dormir per terra, tollerar nel contempo la fatica e la fame. Con questi insegnamenti darò l’esempio ai soldati…”
(da Sallustio La guerra giugurtina LXXXIV)

S.Podestà


La carica di Pastrengo

Tra le prime pagine insigni dell’Arma deve figurare la carica di Pastrengo, condotta nel primo pomeriggio del 30 aprile 1848, da 280 carabinieri a cavallo, inquadrati in tre squadroni, al comando del Maggiore Alessandro Negri conte di Sanfront, come scorta a protezione del Re Carlo Alberto, insieme ad altri 415 uomini tra Ufficiali, Sottufficiali e Carabinieri.
Quel giorno infatti sul pianoro di Monte le Bionde, a Pastrengo, superando lo scompiglio indotto dalle scariche di fucileria degli austriaci della Divisione “Wocher” contro il Re, il magg. Sanfront, di sua iniziativa e con prontezza, trascinò a sciabola sguainata i suoi Carabinieri in impetuosa carica, mettendo il fuga il nemico ed infondendo nuovo ardore alle truppe piemontesi che poterono assicurarsi una vittoriosa giornata sugli austriaci.
Si dice che animo, carità di Patria e disciplina fanno vittoriosi gli eserciti, ebbene a Pastrengo i Carabinieri mostrarono di avere in larga misura anche un’altra dote: la fedeltà alle Istituzioni; in quel tempo rappresentato dal Sovrano; vertice e fondamento dello Stato, come oggi dall’ordinamento democratico costituzionale.
Nella “Storia militare del Piemonte” il gen.Ferdinando Pinelli raccontò la fase culminante della battaglia di Pastrengo.

«….In quel frattempo il re aveva versato in grandissimo pericolo, poiché, intollerante di indugio, avendo percorso le fanterie colla semplice sua scorta, tutto a un tratto un drappello di tirolesi posti in agguato dal Wohlgemuth per ritardar la marcia del nemico, fece una scarica a bruciapelo contro i manipoli di carabinieri che precedevano il re: sorpresi questi e non usi a combattere in stretta ordinanza, diedero repentinamente volta ai cavalli: e il re, vedutosi quasi a petto i tirolesi, arrestato senza scomporsi il destriero e tratta la spada, già stava per scagliarsi su di loro, rinnovando le valorose prove del Trocadero: senonché non fu tardo a gettarsi innanzi a lui il prode maggiore Sanfront coi squadroni di carabinieri della scorta, i quali vigorosamente caricando il nemico fecero ampia ammenda della debolezza di quei pochi loro compagni; in pari tempo una compagnia di cacciatori dell’8° gettavasi alla corsa e a baionetta spianata sul nemico, un battaglione del Piemonte saliva dalla sinistra del colle, e il maggiore La Marmora caricava alla rinfusa usseri e fanti nemici». 

La gloria fu ufficialmente benedetta sessantuno anni più tardi, il 20 giugno 1909, quando la bandiera della Legione Allievi dell’Arma fu insignita della Medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: «Per la gloriosa carica che il 30 aprile 1848 su Pastrengo, con impeto irrefrenabile e rara intrepidezza, eseguirono i tre squadroni di guerra dei Carabinieri Reali decidendo le sorti della battaglia in favore dell’Esercito sardo».


La battaglia del Culqualber

IL 21 NOVEMBRE è la festa della "Virgo Fidelis" patrona dei Carabinieri coincidente con l'anniversario della battaglia di Culqualber.

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In queste pagina vorrei ricordare, soprattutto alle giovani generazioni, quanto il senso del dovere e lo spirito di sacrificio animarono reparti di Carabinieri votandoli, per la maggior parte, a sicura morte in combattimento pur di non mancare al giuramento verso la Patria.
E’ un profondo invito alla riflessione su episodi delle nostre passate epopee che ci videro impegnati su fronti bellici, forse non coerentemente legittimati da scelte politiche che, seppur obiettabili, proprio per questo rendono maggiormente encomiabile tale comportamento per la strenua aderenza al giuramento che ciascun militare presta alla sua Patria.
Nessuno di noi si augura che siffatte circostanze possano replicarsi nel futuro ma l’insegnamento che ne dobbiamo trarre va oltre l’evento bellico stesso e ci indica la strada del coerente ed onorevole comportamento che ciascuno di noi deve saper tenere affrontando le inevitabili difficoltà che sorgono nella vita.
In questo ripercorso, celebrando la ricorrenza della nostra Patrona “Virgo Fidelis”, non possiamo non ricordare il tragico e profondamente encomiabile sacrificio di coloro, “Carabinieri”, che al costo della loro vita non recedettero di un millimetro dalla posizione assegnata.
Molte pagine furono scritte e qui vorrei ricordare solo alcuni cenni cronologici degli eroici fatti per una breve memoria storica ma contestualmente evidenziandone alcuni tratti che sono inestinguibili per la loro sacra esemplarità.
Siamo nel periodo più increscioso della II guerra mondiale in un teatro bellico africano dove dal 1941 al ’43 si concluse la nostra sfortunata esperienza coloniale dell’A.O.I.
La Somalia era perduta dal marzo ’41 e l ’Eritrea, dopo l’eroico episodio dell’Amba Alagi, era stata occupata dalle forze anglo-abissine peraltro contrastate da episodi di guerriglia militare durati fino al ‘43 in cui emergono figure quali il T.Col. dei Carabinieri Umberto Calderari, lungo il bacino del fiume Omo, il Col. dei Carabinieri Luigi Dante Di Marco, nell'Ogaden ed il Col.dei Carabinieri Ruglio, operante in Dancalia.
Ma non posso non ricordare gli eroici fatti d’arme che precedettero questo epilogo dove reparti di Carabinieri si batterono nell’area di Cheren (fra gli altri: 3^ Cpg. Carabinieri d’Eritrea, al comando del Cap. Felice Levet, M.A.V.M.; Brig. Attilio Basso, Ten. Luigi Satta ambedue M.O.V.M.).
Il II Gruppo riuscì a riconquistare una posizione, Passo Falagà, perduta da altri reparti, e si batté disperatamente l’8 maggio sull’Ambetta ed il 14 a Passo Toselli. Il 17, dopo la resa, i superstiti della Compagnia Arditi (Levet) e del II Gruppo, preceduti dal Comandante, T.Col. D’Alessandro, sfilarono dinnanzi agli inglesi che presentavano le armi.
Nel Galla e Sidamo operavano il III, il IV ed il V Gruppo che concorsero alla difesa della linea dell’Omo Bottego e negli accaniti combattimenti che vi si svolsero, sempre contro forze schiaccianti e con massiccio appoggio aereo, trovò la morte sul campo anche il Comandante del IV gruppo, Magg. Morelli, M.A.V.M.
Vi furono anche azioni belliche ad iniziativa di altre formazioni militari ancora organizzate in reparto, come le battaglie combattute attorno alla città di Gondar in Etiopia, dove la guarnigione italiana con circa 30.000 uomini e comandata dal Gen.Guglielmo Nasi, comandante delle truppe nel distretto di Gondar, resistette fino al 27 novembre con tale tenacia ed eroismo da ottenere gli onori militari dagli inglesi. La caduta di Gondar fu preceduta da altre due battaglie, combattute dai presìdi di Uolchefit e del passo Culqualber, caduti rispettivamente il 28 settembre ed il 21 novembre.
Per rinforzare nel marzo 1941 la Cpg. Autonoma di Carabinieri nazionali ed eritrei di Gondar, si era formato il I Gruppo, su due Cpg. nazionali ed una di Zaptiè. Esso avrebbe legato il suo nome ad uno dei più fulgidi episodi dell’intero conflitto: CULQUALBER, letteralmente “Passo delle euforbie”, il “ covo dei Leoni Ruggenti “, come ancora oggi gli Abissini lo chiamano.
Il nemico necessitava del transito sul Passo di Culqualber per avanzare su Gondar con reparti corazzati per cui decisamente puntò verso i “Roccioni”, proprio contro il granitico sbarramento dei Carabinieri, convinto di guadagnare facilmente quel valico stradale.
Per la bisogna difensiva venne destinato appunto il Btg. Carabinieri, inviato ad occupare il “Costone dei Roccioni”, che si protende con ciglioni a strapiombo ad ovest della rotabile direzione Gondar.
Il Gen. Nasi fece dislocare il reparto, al comando del Magg. Serranti,  allo “Sperone del km. 39”, collegato in sistema difensivo con collaterali strette dorsali dimodoché essendo al centro di raccordo degli opposti speroni, potesse vigilare sul fronte principale a sud, su quello a nord, con possibilità di manovra nell’ambito del Btg. e preminenza sulla difesa del caposaldo.
Malgrado fossero debilitati, a causa degli scarsi rifornimenti, i Carabinieri s’impegnarono in un duro lavoro di fortificazione della posizione, anche scavando nella nuda roccia.
Dal 6 agosto 1941, i Carabinieri occuparono con la 2^ Cpg. nazionale, del Ten. Dagoberto Azzari, lo sperone a sud, all’altezza del km 39 della rotabile, mentre l’altra Cpg. del Cap. Giovanni Celi e la Cpg. degli Zaptiè si installarono al “Costone dei Roccioni”, orientato a nord.
Gondar e le altre località  erano tenute sotto il quotidiano bombardamento dell’aviazione britannica mentre nell’interno del territorio crescevano le infiltrazioni degli irregolari abissini.
Nel mese di agosto iniziative italiane puntarono a rintuzzare gli attacchi degli anglo-abissini.
Il 24 agosto, un attacco contro una colonna di rifornimenti diretta a Culqualber  venne respinto dalla reazione della scorta di Carabinieri e dalla carica dei  cavalleggeri del XIV Gruppo Squadroni.
Intanto il persistente attacco degli inglesi e degli irregolari abissini, che approfittavano della caduta di Debre Tabor per acuire l’isolamento del Culqualber, incideva gravemente sul rifornimento di viveri e munizioni associandosi alla penuria d’acqua derivante dall’impossibilità di attingerla dai due vicini fiumiciattoli,  l’Arnò-Guarnò ed il Cumeà, fuori copertura delle artiglierie italiane.
Verso metà ottobre il Gen. Nasi, al fine di distruggere gli allestimenti nemici sull’altura dell’Amba Mariam, a circa 15 km dal caposaldo, decise di effettuare una sortita offensiva.
Prima dell’alba del 18 ottobre tre colonne mossero silenziosamente dal caposaldo assediato: a destra le Camicie Nere, a sinistra gli Ascari ed al centro Serranti con i suoi Carabinieri. Laceri, sporchi, emaciati, all’arma bianca per risparmiare munizioni, i nostri militari piombarono addosso al nemico travolgendolo. In mezz’ora l’intera posizione, con tutti i magazzini e depositi, fu in mano dei nostri.
Per l’operazione dell’Amba Mariam i Carabinieri di Culqualber vennero citati nel Bollettino del Q.G. delle FF.AA. n. 505, che attestava la brillante vittoria riportata in condizioni estremamente delicate, con lievi perdite dei nostri e invece gravi da parte nemica.
Tre giorni dopo la sortita dell’Amba Mariam il nemico cominciò il martellamento delle nostre difese, con cinquanta aerei che si avvicendavano ad ondate sul ristretto territorio e dodici batterie che sparavano ininterrottamente non consentendo alcun movimento. Il 2 novembre venne distrutto l’ospedaletto da campo, nonostante fosse vistosamente contrassegnato in accordo alle normative internazionali.
Il 5 novembre il nemico attaccò da sud: migliaia di Inglesi ed Etiopi si riversarono contro lo sperone del km 39, difeso dalla 1^ Cpg. Carabinieri, e contro le Camicie Nere schierate sulla destra, ma vennero respinti con gravi perdite. I Carabinieri effettuarono addirittura un furioso attacco sugli spalti meridionali del caposaldo ed il Comandante della Difesa tributò alla  1^ Cpg. un Encomio.
La forza italiana di Culqualber e Fercaber, al 12 novembre 1941, era di 1.649 nazionali (tra Carabinieri, Camicie Nere e reparti minori) e 958 coloniali, tra Zaptiè ed Ascari, con una batteria da 77/28 e due da 70/15, con ridotte munizioni.
La notte del 12 novembre ebbe inizio l’azione che secondo aspettativa nemica, avrebbe dovuto forzare il valico di Culqualber.  
Alle cinque pomeridiane del 13 ventimila anglo-abissini scatenarono l’offensiva, dopo un martellare pauroso di bombe e di granate, ma dovettero ritirarsi velocemente, malandati e sbalorditi, oltre le posizioni di partenza, mentre un migliaio di eroi laceri, insanguinati e polverosi osavano inseguirli ancora!
Si erano infranti contro il Costone dei Roccioni, presidiato dalla 2^ Cpg. Carabinieri e dagli Zaptiè, impegnando i difensori in feroci corpo a corpo. Fra assalti e contrassalti i militari dell’Arma restarono infine padroni delle loro posizioni, mentre restavano immolati sul costone purtroppo decine di Carabinieri.
Gli Inglesi ripartirono nuovamente all’attacco il 14 mattina e nonostante si trovassero di fronte militari che da due giorni quasi non mangiavano e non dormivano, furono malamente respinti.
Il 17 novembre nostri pattuglioni ristabilirono il collegamento tra le ridotte di Culqualber e di Fercarber.
Dal giorno 18 l’azione aerea nemica assunse proporzioni enormi considerata la limitatezza del settore: squadriglie di ogni tipo si avvicendavano senza sosta ma nove aerei vennero comunque abbattuti, colpiti nel momento della picchiata dai nostri tiratori.
Nei difensori di Culqualber non appariva alcun segno di cedimento nonostante sete e fame, la massacrante lotta e la consapevolezza della fine. Anzi fra di loro vi fu chi si offerse volontario per azioni di pattugliamento: primo fra tutti il carabiniere Penzo Poliuto, spericolato nell’intero periodo di resistenza, trascinatore nella difesa, poi decorato di M.O.V.M., rimanendo cieco di guerra nell'assalto.
Il 20 novembre 1941 ben 57 velivoli nemici presero d’assalto la difesa del caposaldo, mentre le artiglierie battevano tutto il terreno e reparti corazzati si avventavano sulle ridotte.
Alle 3 del mattino del 21 novembre il caposaldo venne contemporaneamente investito da nord, da sud e da est, dai circa ventimila assalitori delle varie unità, con i carri armati che precedevano le schiere per aprire varchi, con gli aerei che spezzonavano e mitragliavano e le artiglierie che sparavano senza sosta.
Sugli opposti costoni dei Roccioni a nord e del Km 39 a sud, i Carabinieri della 2^ Cpg. del Ten. Azzari sul primo costone e quelli della 1^ del Cap. Celi sul secondo svilupparono una formidabile reazione di fuoco incrociato, falcidiando gli avversari tanto da dover rimuovere rischiosamente i corpi dall’esterno per sgomberare il campo di tiro.
Dopo che ebbero finito le munizioni, i Carabinieri superstiti si avventarono contro gli attaccanti e si difesero con le baionette; il contrattacco pur decimando i reparti, andò bene e gli Inglesi dovettero indietreggiare e fermarsi.
Il “Costone dei Roccioni”, irrorato dal sangue generoso dei Carabinieri d’Italia e cosparso di cadaveri, perché non c’erano più superstiti, fu la scelta via delle orde irregolari etiopiche, inferocite dalle perdite subite, per raggiungere alle spalle il caposaldo ove era ferma la Cpg. Celi: incrollabile torre!
Infatti sullo sperone del Km 39 la linea, per la sua asperità e poiché appartenente al fronte ritenuto principale, aveva usufruito di più mezzi di apprestamento, per cui la 1^ Cpg. Carabinieri non aveva subito flessioni e non aveva perso neppure un palmo di terreno. Quando il nemico piombò loro alle spalle, quei difensori lottarono vanamente, in evidenti e disastrose condizioni d’inferiorità, con leggendari corpo a corpo, nei quali quasi tutti persero la vita o furono feriti. Ormai ogni resistenza era vana: i superstiti, ed erano ben pochi, non potendo più utilizzare le armi spezzarono gli otturatori e resero inservibili i pochi pezzi rimasti in batteria, ma privi di munizioni. Il Comando britannico intervenne per impedire che i ribelli etiopi massacrassero i prigionieri. Il combattimento, ormai disorganico e frazionato in tanti episodi, durò ancora per ore, ma al tramonto del 21 novembre cessò ogni resistenza.
Per dare un’idea di cosa fosse stata l’asprezza della lotta di quel superstite gruppo di Carabinieri, cito qui la testimonianza diretta del Cap. Leonard Mallory dell’esercito britannico:  “... Erano rimasti in sei o sette, erano laceri e sanguinanti e si erano raggruppati uno contro le spalle dell’altro e con le loro baionette avevano creato una specie di cerchio d’acciaio. ‘Arrendetevi!’, urlai con quanta voce avevo in corpo, sovrastando per un attimo il rumore del combattimento. ‘Arrendetevi!!!’. Le mie parole, che speravo fossero seguite da un segno di resa da parte di quei carabinieri che si stavano battendo così eroicamente fino allo spasimo, ebbero invece come risposta il loro grido di guerra: ‘Savoia!’. E ancora una volta inconcepibile a pensarsi e meraviglioso a vedersi, quei sei uomini rimasti soli, senza alcuna speranza e possibilità si slanciarono contro di noi... ‘Arrendetevi!’, gridai ancora una volta. Ma tutto fu inutile, continuarono a venire avanti... Esitai ancora qualche attimo; non volevo dare l’ordine che avrei dovuto... I miei soldati avevano messo il ginocchio a terra ed avevano puntato i fucili. Anche a loro tremavano le mani in attesa dell’ordine che sarebbe venuto. ‘Arrendetevi!’, gridai ancora una volta. Ma tutto fu inutile; continuavano a venire avanti e forse non ci vedevano nemmeno. ‘Fuoco!’. Appena la nuvola di polvere causata dagli spari si levò, davanti a noi non c’era più nessuno. Tutti morti...”.
Culqualber fu le Termopili dei Carabinieri!

Il 23 novembre 1941, il Bollettino di Guerra n.539 recò:
“Gli indomiti reparti di Culqualber-Fercaber, dopo aver continuato a combattere anche con la baionetta e le bombe a mano, sono stati infine sopraffatti dalla schiacciante superiorità numerica avversaria. Nell’epica difesa si è gloriosamente distinto, simbolo del valore dei reparti nazionali, il battaglione carabinieri, il quale, esaurite le munizioni, ha rinnovato fino all’ultimo i suoi travolgenti contrattacchi all’arma bianca. Quasi tutti i carabinieri sono caduti.”
Per le eroiche gesta del 1° Gruppo Carabinieri Mobilitato in A.O.I. alla bandiera dell’Arma venne concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare con questa motivazione:
“Glorioso veterano di cruenti cimenti bellici, destinato a rinforzare un caposaldo di vitale importanza vi diventava artefice di epica resistenza. Apprestato saldamente a difesa l’impervio settore affidatogli, per tre mesi affrontava con indomito valore la violenta aggressività di preponderanti agguerrite forze che conteneva e rintuzzava con audaci atti controffensivi contribuendo decisamente alla vigorosa resistenza dell’intero caposaldo, ed infine, dopo aspre giornate di alterne vicende, a segnare, per l’ultima volta in terra d’Africa, la vittoria delle nostre armi. Delineatasi la crisi, deciso al sacrificio supremo, si saldava graniticamente agli spalti difensivi e li contendeva al soverchiante avversario in sanguinosa impari lotta corpo a corpo nella quale comandante e carabinieri, fusi in un solo eroico blocco simbolo delle virtù italiche, immolavano la vita perpetuando le gloriose tradizioni dell’Arma.
Culqualber (A.O.), agosto – novembre 1941”
D.P.R. 7 aprile 1949

Voglio citare qui e riportare solo due motivazioni  di ricompensa che ritengo siano il sublimato dell’eroismo e dello spirito di sacrificio che, non dimentichiamo, furono i motivi di distinzione di tutti i nostri soldati sui vari fronti bellici. Non per questo voglio dimenticare tutti gli altri eroi che appaiono in queste pagine celebrative della nostra storia ed a tutti loro rivolgo il mio pensiero umile, grato e pregno di ammirazione.

Maggiore SERRANTI Alfredo
“Nel corso di aspro e sanguinoso combattimento, instancabile nell’accorrere con pieno sprezzo del pericolo nei punti più minacciati, infondeva nei propri subordinati tenacia, saldezza, alto senso di abnegazione, indomito ardore combattivo. In successiva lotta serrata e cruenta contro preponderanti forze avversarie guidava carabinieri e zaptié al compimento di epiche gesta. Colpito una prima volta da arma da fuoco, rifiutava di farsi medicare per non lasciare il suo posto alla testa dei propri uomini che, attorno a lui, s’immolavano numerosi nella visione ideale della Patria e dell’adempimento del dovere. Travolto da una furibonda mischia all’arma bianca e trafitto da una tremenda baionettata che gli squarciava l’addome, raccoglieva le languenti forze per lanciare al nemico la ultima sfida e rivolgere ai pochi superstiti le ultime parole di incitamento alla più strenua resistenza. Fulgido esempio di eroismo che nobilita le tradizionali virtù e il secolare valore dell’Arma.
Culqualber (A.O.), 13 – 21 novembre 1941”

Carabiniere POLIUTO Penzo
“Carabiniere di indomito ardimento, al comando di pattuglia irrompeva ripetutamente nelle linee avversarie con audaci azioni notturne, infliggendo perdite e catturando materiali. Durante sanguinosissimo combattimento, per la integrità di importante caposaldo, era a tutti esempio insuperabile di valore, lanciandosi, con assoluto sprezzo del pericolo nelle zone più minacciate e maggiormente battute dall’intenso fuoco avversario. Ferito, continuava a combattere, incitando i compagni a strenua resistenza. Colpito una seconda volta, balzava oltre le prime linee persistendo nell’impari cruenta azione. Ferito gravemente una terza volta, respingeva ogni soccorso e, immobilizzato al suolo stringendo ancora l’arma in pugno, rifiutava il trasporto al posto di medicazione per non sottrarsi alla lotta. Salvato a stento da una furibonda mischia, consapevole di cecità quasi certa, crivellato di colpi, articolava parole di incitamento, che elettrizzavano i superstiti. Figura di eroe purissimo che irradia fulgida luce ed arricchisce di nuovo eroismo le nobili tradizioni dell’Arma.
Culqualber (A.O.), 13 – 21 novembre 1941”

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Fonte bibliografica:
-2 SECOLI DI STORIA ITALIANA-CARABINIERI-Nr. 41 e 42 – Editrice Rizzoli-Corriere Della Sera

-V.Meleca -La battaglia di Culqualber


PODGORA: Calvario dei Carabinieri

I Guerra Mondiale 1915-1918

II e III Btg. Carabinieri mobilitati

Battaglia del 19 luglio 1915 alla quota 240 del monte Podgora


UNO STRUGGENTE RICORDO DEI NOSTRI CADUTI

Per gentile concessione della
Sezione Carabinieri Paracadutisti Enzo Fregosi di Poggio al Cerro